venerdì 14 agosto 2015

Drizzate le antenne

“Gli incubi possono cominciare in molti modi! Quello di Henry Pym cominciò con un grido di trionfo!”. Con queste parole inizia il primo capitolo di questa lunga avventura che continua fino ai giorni nostri e che questa settimana approda sul grande schermo in un tripudio di aspettative e curiosità. Lui è uno scienziato che, come nelle migliori tradizioni, scopre qualcosa di sbalorditivo: un siero che gli permette di rimpicciolirsi fino a raggiungere le dimensioni di una formica. L’idea di Ant-Man non è per nulla scontata. Nel 1962, quando Stan Lee, Larry Lieber e Jack Kirby lo creano, la Marvel Comics è appena nata dalle ceneri della Timely Comics; in questo momento storico gli unici cavalli da battaglia di proprietà della nuova nata Marvel, sono la Torcia Umana (Jim Hammond), Namor e Capitan America. Era tempo per Stan Lee di cominciare a macinare qualche idea buona. Il momento storico è propizio. Quasi per scommessa, aspettandosi un licenziamento da lì a breve, mette in moto una macchina inarrestabile che lo porta a pubblicare nel giro di pochi anni tutti i suoi cavalli vincenti: Fantastici Quattro, Hulk, Iron Man, Thor, X-Men e lo stesso Ant-Man. Da quegli anni lontani ad oggi sono successe tantissime cose, tanto strabilianti da accalappiare e appassionare milioni di lettori. L'Ant-Man di Hank Pym, tuttavia, non è mai riuscito ad avere una propria serie regolare, ma è sempre stato relegato, si fa per dire, al ruolo di vendicatore, di cui è stato membro fondatore. 
Chissà se, all'epoca della sua creazione, si sarebbe sperato, prima o poi, di girarci sopra un film. Eppure oggi, grazie ai Marvel Studios, questo film è realtà. Non sarà il Dott. Pym, tuttavia, a vestire i panni del supereroe, ma il suo successore, Scott Lang (impersonato da Paul Rudd). La sequenza di eventi nel film è un incrocio tra quello che si trova nella prima apparizione di Lang come Ant-Man su Marvel Premiere 47 (aprile 1979) e la sua omonima nuova serie: quest'ultima piuttosto leggera e umoristica, la prima molto più complessa e inserita nel contesto culturale che caratterizzava un’America tutt’altro che ironica alla fine degli anni ‘70. La curiosità è un elemento fondamentale quando si va ad assistere alla proiezione di una pellicola di questo calibro: tutti sarebbero in grado di girare un film più che dignitoso su Iron Man o Thor, ma con Ant-Man la versatilità è bassissima, quindi grande doveva essere lo sforzo per gestire le qualità e le caratteristiche di questo personaggio. Peyton Reed, partendo dalla sceneggiatura di Edgar Wright, sforna un supereroe che non sfigura davanti agli altri grandi nomi Marvel, pronto probabilmente ad integrarsi negli Avengers già dagli inizi della fase tre del MCU. Il film è piacevole da vedere e ben condito con eventi umoristici  ed effetti speciali molto ben curati. Tra le cose migliori in questo film c’è un accento sull’assoluta differenza di percezione delle battaglie a seconda che vengano viste su scala macroscopica o microscopica, ma non sono certo il primo a dirlo. I combattimenti sono assolutamente dinamici grazie alla continua variazione di dimensioni del protagonista durante i combattimenti. Forse la prima parte è un po’ troppo descrittiva e scarna di azione, ma il secondo tempo tiene incollati alla poltrona e, cosa che non fa assolutamente male, con un largo sorriso disegnato sulla faccia. Ant-Man unisce la comicità dei Guardiani della Galassia con scene di azione degne del migliore dei film di Iron Man. Insomma, molti punti positivi su questa pellicola che consiglio caldamente di guardare sul grande schermo.
Il fumetto omonimo, uscito negli USA pochi mesi fa (e la settimana scorsa in Italia), ci delinea uno Scott Lang come quello del film, che fatica a trovare un lavoro per via della sua fedina penale sporca, ma fiducioso per il suo futuro. Cerca un ruolo da responsabile della sicurezza in grandi impianti e multinazionali del credito, e chi può difendere una struttura con livelli di massima sicurezza, se non chi per anni si è dedicato al furto di strutture con massimi livelli di sicurezza. In barba alla Guerra Civile che si combatteva ormai 10 anni fa per decidere in materia di censimento dei supereroi, a lui non interessa mantenere nascosta la sua identità, tanto che si presenta ai colloqui di lavoro in costume. Ha una ex-moglie che lo considera inaffidabile e una figlia che lo considera, nonostante tutto,un grande eroe. Il fumetto ha un’ impronta tragicomica. La struttura sembra concatenarsi in una serie di sketch e scenette comiche intervallate da episodi famigliari. Lo studio delle caratteristiche del personaggio è ancora una volta ben curato. Lo Scott Lang dei giorni nostri è un uomo onesto anche se ha un passato discutibile. Nei momenti di solitudine è molto riflessivo e autocritico, ma quando prende la parola lo fa in maniera scherzosa, a cuor leggero, non perdendo l’occasione per lanciare una battuta. A volte sembra di trovarsi davanti ad un'esperimento della Casa delle Idee, giocato in stretta concomitanza con l’uscita del film, quasi a voler difendere a spada tratta un personaggio che non sa mai se partire o arrestarsi e che di certo non ha mai ottenuto il successo desiderato (e meritato) in più di 50 anni di universo Marvel. Un vero peccato, visto che senza Ant-Man non esisterebbe Ultron, supercattivo di primo livello nel contesto Avengers. Senza il suo piccolo contributo, l’universo nella quale si svolgono gli eventi che tutti noi seguiamo, sarebbe radicalmente differente, quasi a delineare un effetto farfalla. Il successo di questa testata dipenderà, credo, in larga parte, dal successo al botteghino dell'omonimo film. Staremo a vedere; nel frattempo, incrociamo le dita!
Alla prossima!

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